La salute va coltivata come l’amicizia
Educazione alimentare e gestione dello stress
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La vita frenetica di oggi ci fa dimenticare che abbiamo dei beni “immateriali” che sono fragili e che vanno coltivati; come ci ricorda Paolo Di Muro in un suo recente intervento al corriere del Ticino:”
L’amore e l’amicizia, per crescere e durare, hanno bisogno di essere coltivati nella quotidianità, dedicando il tempo perché l’altra persona senta che ce ne prendiamo cura; dovrebbe essere così anche con la salute, che ha però l’handicap di essere considerata, per molti anni della nostra vita, un diritto a prescindere, e non un dono da conservare. Di salute si parla soprattutto quando c’è una malattia, e in quei momenti è facile sentirsi in sintonia con ciò che scriveva Arthur Schopenhauer: «La salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente».”
Ma prima della malattia? E dopo? A che serve riempire pagine di riviste specializzate sull’importanza dell’esercizio fisico, se poi meno del 5% degli adulti dai 20 ai 59 anni e dei più maturi sopra i 60 anni svolgono i 30 minuti d’attività fisica giornaliera raccomandata? A che serve riempire altre pagine sull’importanza di mantenere un’adeguata percentuale di grasso corporeo, se poi giungono grida d’allarme come quelle apparse sulla rivista The Lancet, dove si legge che il Pianeta ha più di 2 miliardi di persone sovrappeso e obese? Il professor Paolo Suter, epidemiologo dell’Ospedale Universitario di Zurigo, già diversi anni fa avvertiva che ciò che preoccupa di più era la crescita del sovrappeso e dell’obesità tra bambini e adolescenti, e aggiungeva che «ci avviciniamo rapidamente ai livelli nordamericani, con la conseguenza che i bambini obesi d’oggi saranno i pazienti obesi di domani». Per questa e altre ragioni il dottor Michel Roulet, specialista di Nutrizione dell’Ospedale Universitario di Losanna, sostiene che «l’obesità non potrà essere vinta senza importanti cambiamenti sociali».
Vi è poi, come conseguenza, il diffondersi delle malattie croniche (cardiovascolari,neurodegenerative, respiratorie, diabete, obesità), che assorbono l’80% della spesa sanitaria e che mettono seriamente a rischio la sostenibilità dei costi nel futuro. Non basta accontentarsi di vivere più a lungo con malattie croniche, ma agire per una «sana longevità»: è arrivato il tempo di una pedagogia della salute.
È un tema certamente politico, ma che impegna ciascuno di noi: genitori e nonni nella famiglia, insegnanti nelle scuole, allenatori e dirigenti nelle società sportive, medici e infermieri in ambito sanitario. Come? Innanzitutto creando occasioni di approfondimento sui temi della salute: dalla nutrizione all’esercizio fisico, dal rilassamento al buon umore, dall’importanza delle vitamine alla corretta, ma necessaria, esposizione al sole. Poi, soprattutto, con l’esempio perché, come scrive Giovanni Fighera nel suo libro Tra i banchi di scuola: «Si educa bene con quel che si dice, si educa meglio con quel che si fa, si educa ancor meglio con quel che si è. Ecco perché l’educatore – prosegue l’autore deve in primo luogo educare se stesso ». Se non ora quando?
Paolo Di Muro